La memoria come lente per leggere il presente. Frammenti di vita vissuta, tradizioni popolari, autobiografie ed epistolari.
Scritto ad Ascoli Piceno, in tempi che possono apparire remoti, durante la frequenza del Corso Allievi Ufficiali di Complemento che si teneva nelle caserme di quella città, il Diario 1957 diventa specchio di un’esperienza lacerante e testimonia in modo drammatico l’acerba divaricazione tra individuo e istituzioni, tra crescita personale e condizionamenti della nostra cultura.
L’Autore, colonnello di Artiglieria pesante dell’Esercito Italiano,
allora appena ventiduenne, rende in una prosa densa e sincera una vicenda di pena e di evoluzione, il cui significato non è solo personale e privato.
L’opera esce postuma a cura della sorella dell’autore.
GianFranco Rossi (1935-2009) è autore anche di un vasto Epistolario ancora inedito.
Una severa quanto ironica carrellata di un mondo passato, cristallizzato su principi morali e visioni etiche troppo spesso legate più all’apparenza che alla sostanza.
L’autore di questo libro ha raccolto, con la grazia lieve di chi si accosta alla scrittura in punta di piedi, storie e memorie dalla vena malinconica che appartengono al suo passato, in una Valdichiana dimenticata, povera ma operosa e ricca di valori. La fiera, i ruzzi, le figure diafane di vecchie sdentate, la bidella, le rime a memoria, il cappellano, l’insuperabile Orsola, la bandiera, la televisione e gli elettrodomestici che facevano il loro ingresso in una civiltà contadina che si avviava a grandi passi verso il boom economico. Alcune storie contenute in questo libro formavano un racconto breve che, nel 2014, ha vinto il premio nazionale “I nonni raccontano” di Città della Pieve (PG) dove i giurati sono gli alunni delle scuole primaria e secondaria di 1° grado.
A 80 anni compiuti l’autrice ripercorre con la memoria un decennio fondamentale per la storia del Novecento italiano, gli anni Trenta che precedono lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Un periodo lontano che Giustina racconta in prima persona come in un diario, fissando date, circostanze, persone, luoghi che hanno segnato la sua infanzia ma anche la storia italiana, che viene qui osservata con gli occhi disincantati di una bambina e raccontata per frammenti di vissuto personale.
Carlo cerca di smascherare il segreto che lo ha accompagnato tutta la vita, un volto che si cela ostinatamente nelle nebbie del passato. Il protagonista di questa storia appassionante è un uomo in cerca delle sue radici. Questa ricerca è più che un desiderio, rappresenta il superamento del dolore, la presa di coscienza di una dimensione che viene negata.
Attraverso gli orrori della guerra e l’avventurosa fuga da un lager nazista della Slesia, si dipana la parabola esistenziale di Carlo e arriva ai giorni nostri. Dopo le sofferenze, il ritorno in famiglia. L’incontro con gli amici d’infanzia, gli innamoramenti, le delusioni, la disperazione. Poi, nella maturità, la volontà di rigenerarsi nella ricerca di un tempo perduto, di affetti negati, di volti sconosciuti che hanno segnato profondamente la sua vita.
Filigetto, Guastarazzo, Burione, la Tabaccona, Diavolino, Brenciolino: nomi che evocano storie d’altri tempi, suoni distanti che richiamano alla mente colori dei quali più non sappiamo cogliere le sfumature. Dalle piccole comunità contadine che qui si narrano, dai legami stretti che la povertà annodava escono parole dense di magia, toni sospesi e lunghi di stagioni dimenticate.
Una raccolta di racconti brevi, frutto di interviste raccolte dalla voce contadina di chi ancora ricorda. Superstizioni e magie della tradizione popolare umbra, storie raccontate nelle lunghe veglie invernali davanti al fuoco.
La terra, la vita, le stagioni. In questa delicata storia, ambientata in Valdichiana e costruita come un romanzo d’appendice, la terra si intreccia all’avvicendarsi delle stagioni e della vita umana fino a divenirne parte essenziale e ineludibile. Con le loro esistenze i due protagonisti, Angelo e Anna, nella loro semplice schiettezza, mettono in scena le quotidane fatiche dei contadini tra Ottocento e Novecento. Il ritratto è quello di un’umanità colorita e vibrante, che affonda le sue radici in una ritualità quasi ancestrale collegata alla terra e fatta di tradizioni popolari, credenze e amuleti. Una vitalità ricca di voci, suoni, colori, odori che avvolge tutti i personaggi di questa saga contadina fino alla fine, quando il “profumo dell’erba” coglie anche il lettore, «inebriandolo e riportandolo, ma solo per un attimo, in un tempo ed in un mondo “antico” che di piccolo aveva solo gli orizzonti dietro i monti di Chiane.»
Un viaggio nella memoria e nel tempo in cui ha vissuto alla Pieve di Fontana, nei dintorni di Perugia, don Dario Pasquini, uomo schietto, concreto e intelligente, vocato all’educazione e all’istruzione dei giovani, soprattutto i più poveri, missionario nella sua terra dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta del Novecento.
Di grande importanza e interesse il metodo educativo che aveva impostato e l’intuizione, assolutamente innovativa, di una frequentazione dei mezzi di comunicazione del tempo a beneficio della sua missione che non si fermava all’alfabetizzazione. Dopo aver educato i “suoi” ragazzi, attraverso norme didattiche, comportamentali, sportive ed espressive nel doposcuola, don Dario li avviava al mondo del lavoro con attività interne (tipografia, carpenteria, maglieria, ricamo) al suo centro educativo, proiettandoli verso concrete opportunità di impiego. Un lavoro attento e meticoloso compiuto da un prete di provincia, a volte amato a volte rifiutato, durato molti anni, fatto di tenacia e caparbietà, determinazione e sofferenze, pubbliche relazioni e amicizie importanti maturate nel mondo della cultura, della politica, dell’industria (Indro Montanelli, Guido Piovene, La Malfa, Valletta, Spagnoli, Buitoni solo alcuni dei nomi che ricorrono nei carteggi ritrovati).
Il lungo racconto ripercorre gli anni sereni di una famiglia immediatamente prima della guerra, vissuti tra gli affetti e le piccole cose del quotidiano, fino a entrare nel vivo del conflitto con tutti i problemi e gli inevitabili sconvolgimenti.
Tra le righe di questo diario c’è il dipanarsi di buona parte della vita dell’autrice, che ha saputo raccontare con la delicatezza di una favola. Come ogni vita, nel suo complesso e intricato svolgersi, è stata tessuta di tanti, tantissimi fili, i più diversi. Come ogni vita è stata percorsa da innumerevoli fatti, avvenimenti, incontri, rapporti, amicizie, speranze, situazioni che vanno dalla normalità lieta o faticosa del quotidiano a un alternarsi continuo di luci ed ombre, da momenti sereni ad altri disperati.
I fatti si svolgono in un primo momento a Roma, già governata dal fascismo e dalle sue regole, e in seguito in Umbria e a Stresa sul Lago Maggiore.
Una saga familiare di grande intensità ambientata in un passato ancora vivo nella mente di molti e che appartiene alla nostra storia e alle nostre tradizioni più autentiche.
Novanta anni ci separano dalla fine della prima guerra mondiale, la più grande tragedia popolare del secolo scorso che ha toccato ogni paese, ogni quartiere, ogni parrocchia, tutte le famiglie. Tanti i monumenti e le lapidi che lo testimoniano, troppe le giovani vite strappate agli affetti familiari.
In questo libro riprendono vita con commovente semplicità le passioni, i timori, le disavventure, le piccole gioie, le lunghe attese di madri e padri, i silenzi e le grida di guerra celati ancora nella memoria popolare. A parlare sono i giovani soldati perugini attraverso gli scritti e i racconti lasciati ai genitori, le lettere inviate dal fronte, le foto ingiallite e cariche di ricordi, le divise conservate e custodite con amore di generazione in generazione, gli aneddoti di eroica vita militare, i luoghi e i ricordi di chi ha aspettato per molti anni questi giovani morti troppo presto.
Mariano, Nazareno, Pasquale, i nostri nonni, i nostri prozii riprendono vita grazie al bisogno di memoria come integrazione e arricchimento di una modernità che tende a cancellare la nostra storia comune, quell’incredibile microcosmo di vita vissuta di inizio secolo che ha segnato un’intera generazione.
In appendice un elenco alfabetico dei quasi duemila caduti nella Grande Guerra del comprensorio perugino.
Profumo di pane è profumo di vita. Di un’esistenza trascorsa tra gli affetti e le tribolazioni della propria terra, quella aspra e selvaggia che trasuda di guerra, lacrime e fatiche, ma anche dispensatrice di speranze, creatività e amore. Accanto, come splendido fondale di queste vite, il delicato affresco della quotidianità, un ventaglio di conoscenze e sentimenti accordati con i ritmi naturali; le voci, le credenze, i misteri e i luoghi della memoria accompagnano l’esistenza e l’incredibile vitalità di questi autori che narrano di sé e delle proprie radici. Una vitalità forgiata prima di tutto dai valori, comune denominatore di tutte le storie, accompagnati dall’esperienza in ogni fase della vita e materializzati «nella famiglia, nella scuola, nella chiesa, nella comunità, nel paese, cioè in tutte le strutture deputate all’educazione e alla socializzazione delle persone […]. Una parte molto attiva e creativa che tutti loro sembrano svolgere anche ora da pensionati e che ci rimanda al concetto di cura, nel suo senso più profondo di “avere a cuore” se stessi e gli altri».
Questo libro rappresenta la seconda parte del cammino dell'autrice negli anni che vanno dal 2001 al 2013, con l'intento di raccogliere nel suo memoriale le presenze vegetali, soprattutto piante e fiori spontanei. Come nel primo volume, per ognuno ha annotato aspetto, cambiamenti e luoghi di ritrovamento, ma anche il loro uso alimentare e in floriterapia, concedendosi osservazioni e riflessioni di grande intensità.
Negli anni 1995-2000 Marcella Rossi ha iniziato a percorrere a piedi molti luoghi del centro Italia, raccogliendo nel suo diario le presenze vegetali che via via, stagione dopo stagione, ha incontrato nel suo cammino, soprattutto piante e fiori spontanei. Per ognuno ha annotato aspetto, cambiamenti e luoghi di ritrovamento, ma anche il loro uso alimentare e in floriterapia.
Rari sono coloro che in Italia hanno fatto del mondo vegetale il soggetto di una scrittura memorialistica e, dunque, questo 'Diario' può essere considerato un evento.