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Questo libro, oltre a rivelare una svolta interiore, non si accontenta di essere uno strumento di autoanalisi ma vuole farsi portavoce di una rivoluzione antropologico-culturale incentrata sul riconoscimento del disabile come persona. Oggi mio figlio Fabio ha 35 anni, lavora in un’azienda di alta moda maschile ed è inserito nella vita sociale della città in cui viviamo.